< Pagina:Commedie di Aristofane (Romagnoli) II.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

I CALABRONI 177

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Commedie di Aristofane (Romagnoli) II.djvu{{padleft:180|3|0]]



coro

Non temere, o dilettissimo,
non temere! Un sol grugnito
ch’egli emetta, e farò ch’abbia
da mangiare il pan pentito!
Se non scappa, non la scapola!
Non sarà che dei Celesti
i decreti ei più calpesti!

strimodoro

La fune accavalla alle imposte, avvolgine un capo ai tuoi fianchi,
e càlati abbasso: un Celeste nel seno a te il cuore rinfranchi!

filocleone

accavalla la fune a una sporgenza, e si lega a mezza vita.
Se quelli mi vedono, e a guisa d’un pesce rimasto nell’amo,
mi levan, mi tirano dentro, che cosa farete, sentiamo?

coro

Il nostro furore, ch’è leccio, se avvampa, riscosso nel petto,
ti soccorreremo: nessuno tenerti potrà, lo prometto!

filocleone

Mi fido e son pronto. Sapete, però? Se m’incoglie sciagura,
sia presso la barra, bagnata di pianto, la mia sepoltura.

strimodoro

Che vuoi che ti capiti! Niente paura! Giù càlati invece,
intrepidamente, agl’ indigeti Numi rivolta una prece!
Aristofane - Commedie, li - 12.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.