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102 | Cuore infermo |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:102|3|0]]darsi cura di seguirle col pensiero. Alla distanza di venti passi vide il gruppo formato da Lalla D’Aragona, Paolo Collemagno e suo marito; passando, rispose al saluto di Paolo, guardò un momentino Lalla, fece un amichevole sorriso a Marcello e si allontanò verso il boschetto della Villa, senza interrompere il suo discorso.
Marcello, che si era turbato appena alle parole di Paolo, riprese subito la sua disinvoltura. Aveva salutato sua moglie con un’amabilità simile a quella di lei. Lalla l’aveva seguita con lo sguardo, lungamente. Ora sorrideva. Pure tra quei tre regnava un senso d’imbarazzo, come una sospensione dello spirito, un dubbio di voler pronunziare la prima parola dopo quel silenzio che si prolungava.
— Ebbene, signora contessa — disse infine Marcello — si parlava di fiori, mi pare?
— No, duca; non se ne parlava.
— Di passione, allora?
— Neppure.
— Mi sembrò...
— Che importano le parole di poc’anzi, duca? Se non si dimenticasse qualche cosa, sarebbe molto noiosa la giornata.
— E la vita, contessa?
— È altro la vita. La vita è divertente.
— Sempre?
— Quasi sempre. Io ammiro la vita.
— Da ammiratrice indifferente?
— No, interessata invece.
— Dev’essere così.
— Perchè? Chi glielo dice?
— Nessuno. Lo immagino, guardandola.
Parlavano a botta e risposta. Lalla con la sua voce secca