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Parte prima | 11 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:11|3|0]]tuario della persona: era piccola, femminea, morbida, crudele, con le unghie feline tagliate a mandorla. Tutto il volto era chiuso, silenzioso, sereno nell’indifferenza, immobile nella correzione plastica dei lineamenti, perfetto nell’unica espressione della calma; il corpo raccolto, quieto, senza moti disordinati. Un abito molto lungo, oscuro, con pochi ornamenti, a pieghe ampie e nobili: due perle brune per orecchini.
— Ti ama? — chiese Amalia.
— Niente — rispose Beatrice, sorridendo agli anelli della sua mano sinistra.
— Tu lo ami?
— No, naturalmente.
— Lo sposerai?
— Certo.
Amalia battè col tacchetto dell’elegante stivalino la terra del viale. Non poteva dominare l’impazienza.
— Come sempre — disse con accento irato — come sempre, non t’intendo. Mi rimani ignota, Beatrice.
— Mi pare strano, cara; qui m’intendono tutti.
— Gente distratta che non va al fondo delle cose.
— Il fondo delle cose? Ma tu fai una frase, Amalia.
— No, no ti assicuro. È un pezzo invece che tu mi mistifichi.
— Io...?
— Tu... Dal collegio.
— Te ne ricordi ancora?
— Sicuro — rispose la biondina con vivacità. — Sei tu che puoi dimenticartene. Lo credo io! Non amavi nessuno e nulla, là dentro. Noi altre, in classe di musica, ad andar matte per Beethoven o per Verdi, e tu a suonar di ambedue con la medesima precisione. A tavola, non ti lamentavi mai insieme con noi del pranzo;