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136 | Cuore infermo |
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V.
— È permesso di fumare qui? — domandò Mario Revertera a sua figlia.
— Le vostre sigarette, sì.
— La tua casa è troppo solenne, figlia mia; sembra una chiesa.
— Sì, me lo hanno detto — rispose Beatrice, sorridendo.
— Ecco: cerca di cambiare quest’apparenza troppo grave.
— Non vi piace il gusto dell’appartamento?
— È bello, se vuoi; ma troppo bello. Fate conto di dare dei balli quest’anno?
— Credo di sì. Ne ho parlato con Marcello, di sfuggita. Saranno due o tre solamente.
— S’intende. Marcello ha piacere di ricevere?
— Naturalmente; ma non sta molto in casa.
— Me lo hanno detto — soggiunse Revertera, togliendosi la sigaretta di bocca e fissando sua figlia.
— Chi? — chiese costei, alzando il capo dal suo telaino da ricamo.
— La gente che lo vede fuori di casa, che lo incontra dappertutto, fuorchè qui.
— Vi è nel mondo molta gente disoccupata — osservò ella, riprendendo il suo lavoro.
— Molta, mia cara. Gente disoccupata che si diverte ad annoiare il resto della umanità.
— Ed allora a che raccoglierne le voci?
— Non si raccolgono, cara mia; ti entrano a viva