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166 Cuore infermo

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:166|3|0]]dirtelo... ma poi altre circostanze me lo hanno fatto uscire di mente...

Qui prese dal portasigari un’altra microscopica sigaretta e l’accese. Per un momento parve impacciato.

— Senti, Beatrice — riprese, decidendosi — quante messe si dicono la domenica nella cappellina nostra?

— Quando noi non vi siamo, una sola, per i giardinieri, coloni e custodi della villa. È don Giovanni Marantonio di Meta, che viene a dirla.

— E quando vi siamo noi?

— Due. Una esclusivamente per noi ed un’altra per i servi. La nostra viene a dirla il canonico Ruggi.

— Quella per noi, dunque, sei tu sola ad ascoltarla?

— Io sola.

— A che ora?

— Alle undici.

— Non ti sorprendere, se ti ho chiesto tutto questo. Gli è che qualcuno mi aveva richiesto di venire a pregare nella nostra chiesa.

— Qualcuno?

— ... Una dama.

— Vuol venire la domenica, nella nostra chiesa?

— ... Una dama, che non ama il chiasso, il rumore, i luoghi dove accorrono molte persone. Non va nelle chiese di Sorrento. E come tu non hai che ad attraversare una parte del parco per trovarti nella chiesuola, anche lei non deve fare che cinque o sei minuti di cammino nel suo parco, poichè è nostra vicina...

— Nostra vicina? La Trevisani, la moglie del banchiere forse?

— No.

— La contessa Mendozza?

— No, no.

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