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Parte prima | 17 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:17|3|0]]l’espansione della sua indole affettuosa, dove aveva soddisfatta la necessità di gioie clamorose e di larga felicità che era nel suo temperamento: sentiva ancora i sottili profumi delle treccie disciolte, le voci profondamente commosse, le parole interrotte, i singhiozzi deliranti, il tocco lieve della mano che fa fremere; ma non poteva rievocare un solo di quei volti. Faceva sforzi grandissimi di attenzione, si volea fissare sull’idea dei capelli biondi, delle bocchine ridenti, delle guancie colorite dall’amore, ma inutilmente; in quell’istante la sua fantasia sognava le onde brune e senza riflessi, la fronte egiziana e taciturna, l’arco misterioso delle labbra di Beatrice.
Per lei, dopo una sorda irritazione, era nata in lui un’antipatia irragionevole, forse tutta fisica. Se la incontrava per la via, nel suo momento più gaio, gli allegri pensieri si sbandavano, e gli sorgeva nell’animo un senso di fastidio. Con quella specie di malsano piacere che è la traccia irritante di tutte le cattive impressioni, egli la ricercava dappertutto. Al teatro isolava quella figura nelle lenti del suo occhialino e la guardava, sino a che gli danzassero davanti agli occhi abbaglianti quelle farfalle luminose, dorate, rosse e verdi, che affascinano e addolorano; al ballo le sedeva daccanto, la punta del piede sotto lo strascico di stoffa e di trine, e le parlava, dicendole delle stupidaggini complimentose, mentre un lento brividìo gli montava al capo. Talvolta ballavano insieme. Una notte, in un valtzer, ebbe la stravagante idea che quella fanciulla semplice ed inconscia, che lo guardava con tanta sicurezza, gli avesse fatto bere un filtro: gli venne l’irresistibile desiderio di soffocarla nelle sue braccia. Egli era un gentiluomo di alta nascita, la sua natura era buona e generosa, ma avrebbe goduto