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Parte quarta 185

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:185|3|0]]a Marcello come fossero i baci di Beatrice, egli era fuggito via, turandosi le orecchie, sentendosi lacerare qualche cosa nel petto.

— Tu non mi hai detto se tua moglie era bella — ridomandò Lalla, sorridendo.

— Credo di sì. Io non l’ho vista.

— Non la vedi più ora?

— No; non più.

— Sei fortunato.

— Perchè?

— Io la veggo dappertutto.

— Oh! Lalla, Lalla, come puoi dirmi sempre certe cose?

— Io valgo meglio di te Marcello. Io le dico, tu le pensi, e sempre.

— T’inganni.

— Non mentire, Marcello, già a nulla ti varrebbe.

— Nulla mi è mai valso con te.

— Sbagli; ti è valso qualche cosa. L’indifferenza di Beatrice.

— Dio santo! sempre questo nome! Ma non puoi tu scordarlo, crudele creatura che sei?

— Non posso.

— E io non conosco la parola efficace che t’induca a non pronunziarlo più!

— Anzi: tu dovresti fare una cosa, Marcello.

— Dimmela, se m’ami. Dovesse costarmi un tesoro, lo spenderò per sottrarmi a questa pena insopportabile.

— Odi: poc’anzi ti dissi di non avere alcun desiderio. Ho sbagliato; mi sono ingannata. Io l’ho un desiderio, aspro, cocente, assiduo. Le ore che passano, i giorni che fuggono, la mia fantasia irrequieta non fanno che

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