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186 | Cuore infermo |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:186|3|0]] accrescere la sua potenza. Sento che, soddisfatto, cesserebbe subito, immediatamente...
— Posso io darti quello che vuoi?
— Sì.
— Ebbene, dimmelo.
— Io voglio vederla, voglio parlarle.
— Di nuovo!?
— Una volta sola; cinque minuti soltanto. Te ne supplico, Marcello...
— Tu sei folle, ed io sono più folle di te ad ascoltarti.
— Non sono io folle — esclamò Lalla, animata da una rabbia sorda — sei tu che l’ami ancora, sempre.
— Per pietà, sii buona...
— Tu l’ami, Marcello, tu l’adori come una regina, come una dea.
— No!
— Tu mi sagrifichi ad essa; è naturale. Tu non vuoi che tua moglie s’incontri con la tua amante. A che dunque il tradirla? Non amare, non odiare a metà. Perchè non hai voluto che io venissi nella chiesa dei Sangiorgio?
— Sarebbe stato mostruoso.
— In questo caso, tutto è mostruoso: specialmente l’amore.
— È lei che ha detto di no.
— Lei? — chiese vivamente Lalla, mentre un fiotto di sangue le saliva al viso.
— Certo. Rifiutò, dicendo di aver già rifiutato ad altre dame. Ma che hai tu? — domandò egli, vedendola vacillare sulla seggiola, con lo sguardo smarrito.
— Soffoco qui dentro — rispose Lalla, con la voce spenta — conducimi fuori il verone.