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Parte quarta | 199 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:199|3|0]]poteva più negarlo a sè stessa. Doveva essere l’impressione di quella burrasca insistente, forte, tenace; doveva essere la elettricità che si scaricava nell’aria, col brontolìo di un tuono molto lontano. Ella era invasa da una grande tetraggine, quasi che tutta l’amarezza di cui è capace un essere umano, le si diffondesse per l’anima e pel corpo. Si sentiva nervosa, in preda a pensieri troppo tristi, a paure infantili; la bella luce dei due salotti e della camera sua, in tanta solitudine, con la tempesta che muggiva all’esterno, le sembrò una splendida pompa funebre...
— Signora, Giuseppe è tornato or ora da Sorrento. Lo vuol vedere?
— Fatelo entrare.
Giuseppe grondava acqua. Pure rimaneva in attitudine rispettosa, aspettando di essere interrogato.
— E il duca? — chiese Beatrice, cercando di non precipitare troppo questa domanda.
— Il signor duca mi ha dato questa lettera per l’eccellenza vostra.
Ella la prese; voleva aprirla, ma si rattenne.
— Andate ad asciugarvi, povero Giuseppe.
— Se la eccellenza vostra desiderasse qualche cosa...
— Andate ora; se avrò bisogno di voi, vi farò chiamare.
Voleva restar sola per leggere quella lettera. Già, era un biglietto; poche parole:
- «Cara Beatrice,
«D’urgenza parto per Napoli; non so se potrò ritornare presto a Sorrento. Addio.
«Marcello.»