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208 | Cuore infermo |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:208|3|0]]Raccontava tanto bene, con certi sottolineamenti di voce, con certi sorrisi maligni, che davano il solletico del riso alle interlocutrici. Alle volte non mancava qualche botta diretta ad un’amica assente. Amalia Cantelmo, Giovanna Filomarino e Fanny Aldemoresco scoppiavano in un grido d’incredulità meravigliata; a poco a poco facevano qualche concessione e finivano per accettare. Anzi la Filomarino aggiungeva qualche particolare, con la sua flemma fiamminga. La Aldemoresco — la migliore fra le quattro — teneva sempre la difesa, ma spesso doveva confessare che era una difesa sbagliata. Per la Cantelmo poi era un altro affare: scusava tutto col dramma della vita. La marchesa Cicerale, una donna a quarant’anni, aveva una relazione col giovane sposo di sua nipote? Un dramma. Alberto Sorito aveva perduto al giuoco settanta mila lire in una sola notte? Dramma anche questo. Il duca di Marenza, che discendeva da Carlo Quinto, che aveva titoli spagnuoli, tedeschi e francesi, ed idem denari di ogni conio, si dilettava ad ubriacarsi di vino cattivo? Ebbene, tutto ciò era molto drammatico. Ersilia Caracciolo moriva d’amore per Gerardo Mariconda che non la curava? Dramma profondo, completo. Da qualche giorno l’immaginazione di Amalia era stata colpita dall’attraente frase, letta in un libro: il dramma della vita. Ora la metteva dappertutto, con un’aria misteriosa e grave, con un sorriso di conscia compassione. La conversazione delle quattro signore si animava, passava rapidamente da un oggetto all’altro:
— ... Il padre glie l’ha rifiutata — completò Fanny un fatto cominciato dalla Filomarino.
— Ed il giovane si è consolato altrove: — aggiunse la Giansante — le consolazioni non mancano.