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244 | Cuore infermo |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:244|3|0]]Camminavano con passo affrettato, senza dire una parola. Quando furono a molta distanza dal viale della Cascina svizzera, rallentarono la loro andatura.
— La tua carrozza dov’è? — chiese Beatrice, senza fissarla in volto.
— Sono venuta in una da nolo — rispose l’altra, arrossendo.
— Vuoi ritornare nella mia?
— Vengo dove tu voi, purchè mi meni via.
Erano arrivate alla porta piccola, dirimpetto la via dello Scudillo.
— Nascondi il tuo mazzolino — disse Beatrice.
E passarono davanti il custode che le salutò. Mentre salivano in carrozza, Amalia rivolse un altro sguardo di preghiera a Beatrice: costei comprese.
— Rientra in Napoli per la via dei Ponti Rossi, Foria, via Caracciolo e la Marina — disse al cocchiere, dandogli il più largo, il più insolito itinerario. Non dovevano correre il rischio d’incontrare Marcello per la via usitata che porta a Capodimonte.
— Vengo a casa tua — erano state le sole parole dette da Amalia durante il tragitto a Beatrice.
Infatti erano là, nella camera di Beatrice. Avevano chiusa la porta. Amalia si era abbandonata sopra un divanetto, aveva gittato il cappellino da un lato, l’ombrellino dall’altro. Era addolorata, arrabbiata, e non sapeva come sfogare, voleva dire qualche cosa, molte cose a Beatrice e non sapeva da quale cominciare. Beatrice aspettava, seduta poco distante da lei, calma, scherzando macchinalmente colla frangia del suo dolman.
— Se tu devi parlarmi, io aspetto, Amalia.