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Parte quinta | 255 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:255|3|0]] ricorreva a mezzi puerili. Cercava di ricordare un lungo libro che aveva letto, una storia intrigata, e di narrarla di nuovo a sè stessa. Voleva pensare ad altro. Vagava nella camera, nella penombra della lampada, come un’anima in pena. Ma ritornava al suo tormento. Come il tempo passava, ella si ostinava in questa idea:
— È partito; non ritorna più.
E si gittava come disperata sul letto, torcendosi le braccia, soffocando i singulti. Pure un lieve rumore aveva il potere di farla sobbalzare, le lagrime si disseccavano, ella ricominciava a sperare. Indi a poco l’idea fissa appariva, assidua, fatale:
— Non tornerà più; è partito, è partito.
Per rifugio, pregava; s’indirizzava alla Vergine, che doveva comprendere il grido di un cuore femminile.
— Madonna Addolorata, fatelo ritornare! Madonna Addolorata, fatelo ritornare! Madonna santa, non me lo togliete! Vergine santa, rendetemelo!
Poi tendeva di nuovo l’orecchio, sperando nel miracolo della buona Signora degli afflitti. Ma certo ella non meritava alcuna grazia. Era stata amata ed aveva disprezzato quell’amore; quel cuore era stato suo ed ella lo aveva distaccato da sè. Aveva negato l’affetto; aveva negata la luce; aveva negata la verità. Ben le stava ora l’oscura, solitaria disperazione. Allora ella faceva promessa che se Marcello le fosse stato ridato, ella sarebbe andata a lui, col cuore innamorato. In questo atto di profonda umiltà sarebbe stato il suo pentimento. Fosse venuto in quel momento! Ma quando egli giungeva, era troppo tardi. Una grande gioia la invadeva tutta, ella mormorava parole di ringraziamento, ma si sentiva stanca, spossata; l’impeto della passione era caduto; in una notte d’attesa, il suo cuore si ghiacciava. Era incapace di fare un passo, incapace di com-