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26 Cuore infermo

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:26|3|0]]poco a poco, cedette lo sforzo dell’attenzione, il volto andò man mano riprendendo la sua serenità olimpica, una sicurezza quasi gaia lo colorò, lo ricompose nella purezza della sua espressione: ridiventando così la bella e solita Beatrice Revertera che si occupava pacificamente dei fiori, degli arazzi, degli abiti che servivano alle sue nozze.

III.


Da principio tutto quel bianco del gran salone pareva freddo. Sulle mensole, sui tavolini, in ogni angolo vuoto si espandevano i grandi mazzi di rose bianche, di gardenie, di camelie bianche primaticce, di giunchiglie, di mughetti, di fior d’aranci: una fioritura enorme e tutta candida. Ogni tanto un circolo sottile, una linea quasi invisibile di verde che vi affogava, scompariva. Con lo stucco bianco delle porte e delle finestre, il damasco giallo oro a grandi fiori di seta bianca, il salone prendeva un aspetto virginalmente nevoso, qualche cosa di giovanile, di rigido e di puro nel medesimo tempo. Ma quando i quattro balconi che danno sulla Riviera furono spalancati, lasciandovi entrare la mattinata di autunno, lentamente il salone si destò, si riscaldò; allora il bianco-giallo delle gardenie, il bianco appannato delle rose, il bianco vivido e sfolgorante delle camelie, tutte le gradazioni del candore si distinsero, si staccarono. Qua e là risaltava il tono caldo, quasi indorato delle giunchiglie; un gruppo di mughetti pareva delicatamente scolpito nell’avorio; i mazzetti dei fiorranci parevano fusi nella cera, quasi dovessero liquefarsi ad un fiato. E gli arabeschi cremisi del tappeto di velluto bigio, accesi dal sole, riflettevano, sui fiori abbassati, un’ombra rosea;

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