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286 Cuore infermo

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II.


Marcello, seduto accanto a sua moglie, leggeva ad alta voce; ella lo ascoltava, distesa sulla poltrona, con le belle braccia incrociate dietro il capo, mandandogli ogni tanto un sorriso. Qualche volta la lettura si interrompeva, un piccolo giro di conversazione si annodava.

— Che bel sole, Beatrice! Andiamo fuori?

— No, no, caro, restiamo — rispondeva ella, con un senso di languidezza beata. — Leggi dunque.

E la lettura ricominciava. Ma dopo un momento:

— Amore, sei forse stanco di leggere?

— Proprio, proprio ne sono stanco — e si chinava a baciarla nel collo, dietro l’orecchio, sulla nuca, tirandole qualche capelluccio coi denti, strappandole un piccolo grido di falsa collera.

— Lasciami, lasciami quieta, Marcello.

— No, no — esclamava lui con un bel riso sonoro, stuzzicandola, soffiandole in volto, mentre lei si dibatteva, chinando il capo, ansando un pochino.

— Riprendi il tuo libro e leggi, amore.

— Ti assicuro che non posso. Hai là un abito troppo seducente.

— Proprio seducente?

— Seducentissimo.

— Tanto meglio. Così, domattina, te lo farò trovare in camera tua, come un grazioso dono.

— Lo accetto con entusiasmo, purchè la mia signora si degni di esservi dentro.

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