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Parte sesta 341

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:341|3|0]]Marcello, che aveva indovinato la sua intenzione, gli disse, quasi supplicando:

— Non oggi, non oggi, ve ne prego.

Ed altro tempo era passato. Poi una sera, quasi senza pensarvi, il suo nome fu pronunciato. S’erano decisi.

— Non mi dirai tu mai come è stato? — chiese Revertera con una grande timidità.

— Non so, non so — rispose Marcello, e fece un gesto largo.

— Non eri là?

— Fu nel parco. L’abbandonai per poco, per prendere qualche cosa che ella desiderava. Tornai...

— Ah!... ma era ammalata. Tu me lo scrivevi.

— Lo scrivevo, è vero, ma senza saperlo.

— Non ti disse mai nulla?

Una pausa.

— Ed a voi, padre mio?

— A me...? — rispose quegli, turbato, confuso — a me nulla...

— È strano, è strano assai.

— Perchè dunque?

— Ve lo dirò — riprese Marcello che parlava come in un sogno. — Ella aveva un segreto, padre mio, un segreto che le suggellava le labbra, che le rodeva il cuore. Lo vedeva bene io, al suo volto, ai suoi modi, alle sue parole incoerenti. Io l’amava. Molto l’amava, come si può amare una creatura umana, bella e buona come lei. Ma davanti ad essa ero come un bimbo, senza coraggio. Ella nulla voleva dirmi, io nulla osavo chiederle. Mi parve indelicatezza grossolana; fui timido, pauroso davanti ad un’anima che si chiudeva. Poi, quando andammo a Sorrento, un presentimento, un desiderio sempre più forte di sapere la verità mi sospingeva sulle labbra una do-

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