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Parte prima | 57 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Cuore infermo.djvu{{padleft:57|3|0]]di lei, balbettandole le ultime parole nel collo. Ella non diceva nulla; egli le mormorò, più che le disse:
— Beatrice, Beatrice, è vero che tu mi ami? Un bacio me lo dai?
Ella si chinò un momento e gli diede un bacio con la grazia leggiadra e fredda che metteva in tutti i suoi movimenti. E rialzandosi, senza che la minima emozione la turbasse, con la sua bella calma, gli domandò:
— Si decide dunque qualche cosa pel ballo?
Egli la staccò vivamente da sè, rigettandola sulla poltroncina con violenza, diede una forte strappata al campanello del camino, e stette aspettando, in piedi, con gli occhi chiusi, pallido, fremente di passione.
Entrò il servo con una grande lampada, che posò sopra una mensola.
— Dite al cocchiere di attaccare la carrozza chiusa; a mademoiselle Jeannette che la signora passa a vestirsi.
Il servo s’inchinò ed uscì. Beatrice si aggiustava la trina del suo colletto spiegazzata; Marcello si sforzava a non guardarla. Ella si alzò, gli rivolse il suo amabile sorriso e se ne andò, senza affrettarsi, senza far rumore, col suo incesso da dea.
Marcello, quando la porta fu chiusa, si slanciò quasi per seguire sua moglie; ma ristette. In fondo era infelice, ecco tutto. Come sempre, la pruova gli era andata miseramente fallita; inutili le vie della confidenza, dell’amore, della passione; inutile il sorriso, la preghiera, la malinconia; inutile il bacio. Il cuore di sua moglie gli restava ignoto. Egli, indossando la nera livrea del gentiluomo, proponeva a sè stesso questo triste quesito: se quel cuore fosse chiuso per tutti, o peggio, per lui solo.