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Booz addormentato | 127 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Isaotta Guttadauro, 1886.djvu{{padleft:133|3|0]]
III.
Come Jacob e Judith, con le pálpebre chiuse
Booz giacca ne ’l grave sonno patriarcale.
Or la porta de ’l ciclo su ’l suo capo si schiuse
e ne discese un sogno. Ed il sogno fu tale:
Booz vide una quercia fuor de ’l suo ventre in piena
vita sorgere e lenta giugner l’ultimo lume.
Una stirpe di umani vi s’ergea, qual catena:
un re cantava a ’l piede, moriva in alto un nume.
E mormorava Booz, sotto le verdi foglie:
— Come può mai, Signore, questo dunque accadere?
Su ’l mio capo fiorirono ottanta primavere:
ed io non ho figliuoli, ed io non ho più moglie.
Da gran tempo colei che meco ebbi giacente
ha lasciato il mio letto pe ’l tuo letto. Signore;
e noi slam l’una all’altro ancor misti d’amore,
ella pur semiviva ed io quasi morente.
Una progenie nuova da me sorgere a gloria?
Or come posso io dunque aver prole, o Signore?
La prima giovinezza ha trionfanti aurore:
esce il di da la notte come da una vittoria;