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Booz addormentato | 129 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Isaotta Guttadauro, 1886.djvu{{padleft:135|3|0]]
Il largo respirare di Booz dormiente
mesceasi de’ ruscelli a ’l romor roco e grave.
Era nel tempo quando la natura è soave:
i colli avevano gigli su la cima fiorente.
Ruth pensava; dormiva Booz. L’erbe alte e nere
ondeggiavano; in pace respiravan li armenti;
una immensa dolcezza scendea da i firmamenti.
Era l’ora in cui placidi vanno i leoni a bere.
Ogni cosa taceva in Ur e in Jerimàde.
Li astri riscintillavano su pe ’l cielo profondo;
il mite arco lunare, tra il giardino giocondo
de’ fiori de la luce, risplendea su le biade;
e Ruth, immota, li occhi socchiudendo tra i veli,
chiedea: - Qual mietitore dio de l’eterna estate,
poi che le sue stellanti ariste ebbe tagliate,
gittò la falce d’oro ne ’l gran campo dei cieli?