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12 | Gabriele d’Annunzio |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Isaotta Guttadauro, 1886.djvu{{padleft:18|3|0]]
offeriano a le molte inclite dame
le rose ed i rinfreschi.
Allettati correan pieni di brame
i veltri barbareschi
traendo fra le zampe il guinzal d’oro
che mal ressero i paggi.
Gioivano le dame inclite in coro
ai gran salti selvaggi,
e disperdendo in copia su ’l lucente
musaico a piene mani
cibi e rose, blandian trepidamente
i belli atroci cani.
Allor Giulia Farnese, un suo lascivo
balen da li occhi fuora
mettendo (a ’l riso il corpo agile e vivo
fremea come sonora
cetra), il sen nudo porse; e in tra le poppe
bianche rotonde e dure
un fante a lei da le papali coppe
versò le confetture.
Or non così, mie belle, o voi che tanto
amai e celebrai
e incoronai del mio lucido canto
ne’ boschi e ne’ rosai,