< Pagina:D'Annunzio - Isaotta Guttadauro, 1886.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
182 Gabriele d’Annunzio

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Isaotta Guttadauro, 1886.djvu{{padleft:188|3|0]]


Voi chiedeste, con un riso
ne’ belli occhi: - Dunque andiamo? -
Era bianco il vostro viso,
bianco assai. Risposi: - Andiamo. -

Ma facean altre parole
gran tumulti in fondo a me.
Le contenni: il cuor ne ’l petto
con che furia mi battè!

Era il fòro taciturno
da una grave ombra occupato.
Sopra il tempio di Saturno
indugiava il dì, pacato.

Un non so che senso augusto
si spargea, di deità,
su da quella morta pietra
ne la gran vacuità.

Un istante voi fermaste
il cavallo in su ’l confine.
Ne l’eguale ombra più vaste
digradavan le ruine.

Ma s’apria più vasto ancora
e profondo il mio desir.
Io sentìa l’impeto forte
a la mia bocca salir.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.