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226 Gabriele d’Annunzio

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II.

Odor di rose, forse da i giardini
chiusi del Re, venìa confusamente;
e splendea ne la fredda ora, imminente,
la Luna su ’l palazzo Barberini.

Mormoravan con voci roche e lente
le fontane invisibili tra i pini:
or sì or no li stocchi adamantini
oltre i rami balzavan di repente.

Noi, chinati da l’alta loggia, soli,
(ella rabbrividìa) delle fontane
ascoltavamo i languidi racconti.

Non così dolce cantan li usignuoli!
Vago ne l’alba suono di campane
giungeva da la Trinità de’ Monti.

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