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230 | Gabriele d’Annunzio |
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V.
Una notte, com’io l’alta portiera
sollevai piano co’ la man tremante,
presso il gran letto la mia dolce amante
scorsi a ginocchi in atto di preghiera.
Ricorrean ne la stanza ampia e severa,
intessute con rara arte, le sante
Allegorie che l’anima pregante
traevan forse a più gioconda sfera.
Muto io ristetti, come a ’l limitare
d’un tempio; ma il disío tutto s’immerse,
stridendo, in quel misterioso aroma.
Ben, quando (oh notte!) la divina chioma
io le disciolsi e vinta ella m’aperse
le braccia, il letto parvemi un altare.
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