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236 Gabriele d’Annunzio

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volgea, passando, le credenze e i culti
e risplendea di libertà ne ’l sole.
Come il fiume in sua via reca virgulti,
pur recava d’amor nuove parole.

Egli ammoniva: «O giusto, è breve l’ora.
Ne la tua servitù sii paziente.
La pazienza è l’immortal nepente
che afforza i nervi e l’anima ristora.

Come in un tempio, ne ’l tuo cor ricevi
l’alto Ideale che de l’uomo è figlio.
E sappi in quel che mangi e in quel che bevi
trovar l’ambrosia e il nettare vermiglio.»

Ed ammoniva: «O donna, o Vaso insigne
de la dolcezza ed Arca de l’oblìo,
versa a li uomini il vin che già il Desío
cantando ricogliea ne le tue vigne.

Fa che soave il tuo spirito ceda
a l’alitare d’ogni passione,
come la tibia d’oro ove un’auleda
prova a diletto sua lene canzone.

Ama il tuo sposo ed ama il tuo figliuolo
ma fa che il beneficio tuo si spanda
pur su colui che in carità dimanda
una stilla d’amore, umile e solo.

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