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280 Gabriele d’Annunzio

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RILEGGENDO OMERO

a giulio salvadori

I.

Son paghi i voti miei. Divin custode
ondeggia innanzi a la mia porta il mare.
Canta, grave e soave: il suo cantare
ha un’ignota virtù su l’uom che l’ode.

Qual gregge, con un lento digradare
scendon li olivi a le ricurve prode;
in su ’l meriggio la pia selva gode
le chiome ne la queta cada specchiare.

Son paghi, o amico, i voti miei. Conviene
Omero ne’ giocondi ozi: non cede
pur la sua voce a ’l grande equoreo coro.

Quale il Sole per l’alte aure serene,
fulgido, lungo i liti Achille incede
ne la lorica tutta quanta d’oro.

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