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48 | Gabriele d’Annunzio |
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BALLATA VI.
— Non sogna - io dissi. Ed ella: - Io so che un giorno
venne il sire a fugar da que’ cari occhi
l’incanto, ed a ginocchi
baciò la rara mano, supplicando.
Ei parlò di tesori e di castella,
di terre ismisurate,
d’omaggi e di diletti senza nome.
Lucidamente arrisegli la Bella,
dicendo: «Voi mi fate
onor grande, o mio sire. Ma pur, come
sorga l’alba, le some
voi leverete, a ritrovare l’orme.
Altre plaghe ho regnate!
Eranmi schiavi li astri in lunghe torme;
e in tal regno le feste ho celebrate
de’ suoni de’ colori e de le forme.»
Disse; e di nuovo arrise, ne le chiome
ampie, come in un gorgo, profondando. -
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