< Pagina:D'Annunzio - Laudi, I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
DELLA TERRA E DEGLI EROI

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, I.djvu{{padleft:193|3|0]]


E tutta la mia forza
fu pallida, tutta la vita
dell’anima mia fu vissuta
perché quell’ora splendesse.
Grido la mia bocca non ebbe.
Non fu nominato quel nome.
4606Il coro di Sofocle puro
s’alzò dagli olivi pallàdii.
“All’ottima delle contrade
terrestri, Ospite, sei giunto,
di bei cavalli feconda,
al biancheggiante Colòno
ove plora in conche virenti
4613il melodioso usignuolo
piacendosi della vinata
edera e della sacra selva
molto fruttifera, immune
dal sole e dai vènti iemali,
che Dionìso effrenato
ama trascorrere, e intorno
4620gli sono le iddie sue nutrici.„

Modi della strofe perfetta
apparvero i culmini i lidi
i templi gli arbori. Il velo
delle Càriti effuso
era in cerchio a guisa di benda
lieve sul crinale dei monti.
4627E come l’Imetto che guarda
il Parnète fu l’antistròfe.


    - 179 -

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, I.djvu{{padleft:193|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.