< Pagina:D'Annunzio - Laudi, I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
DELLA TERRA E DEGLI EROI

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, I.djvu{{padleft:305|3|0]]

che non pur nel già fatto
7798vespero furon mormorate
mai dal timor delle labbra
né mai nel mistero notturno.
E il suo coraggio taciturno
le suggeva cupidamente
come il fanciullo vorace
che sugge gli acini gonfii
7805di miel solare e inghiotte
la pelle che il sol fece d’oro
e trita i fiòcini e il raspo,
ché tutto gli piace.
E quel ch’è angoscia spavento
miseria tra gli uomini, quello
le si trasmutò pel Deserto
7812in felicità senza nome.

Felicità, non ti cercai; [Felicità]
ché soltanto cercai me stesso,
me stesso e la terra lontana.
Ma nell’ora meridiana
tu venisti a me d’improvviso,
coi piedi scalzi e col viso
7819velato d’un velo tessuto
di quei fili che talora
brillano impalpabili all’aere
opere d’aeree fusa.
Ed ecco tu torni! E la Musa
t’ode mentre tu t’avvicini,
se bene i tuoi piedi


    - 291 -

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, I.djvu{{padleft:305|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.