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LAUDI DEL CIELO E DEL MARE |
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Gèniti d’un grembo, d’un sangue,
d’un atto d’amore noi siamo,
sorelle. E, se penso le vene
su la vostra tempia non cinta
più cerule e tenui dell’ombre
cui le frondi pie dell’ulivo
931fan sul vello dell’agna
che pasce da presso, io sorrido
d’una tremante dolcezza
e le medesime vene
guardo ne’ miei pallidi polsi,
che battono sì violente
di desiderio implacato.
938E le mie virtù, i miei vizii,
i miei delitti, i miei gaudii
letiferi, i miei operosi
tormenti, le occulte mie glorie,
i sogni indicibili, tutto
il fiume rapace del mio
essere tingemi i polsi
945di quel vostro azzurro sì lieve!
O consanguinei fiori,
o pure ghirlande sospese
alla fronte del focolare,
s’io torni ove nacqui,
in tema starò sorridente
dinanzi alla vostra allegrezza
952come il viandante che sosta
e parco è di chiare parole
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