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LAUDI DEL CIELO E DEL MARE |
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non nel Minyeio d’Omero,
1267nell’ingiocondo Anigro
che scorre tra il Minthe e il Lapitha,
bagnasti il fior di tue membra?„
Ridemmo in giovine coro.
Ella gustar l’attico sale
non seppe, e scagliò contra noi
l’ingiuria e i sandali. Allora
1274ci ritraemmo, con nari
occluse, giù per la scala
di putrido legno. Repente
brancolò nell’acre
tènebra ver noi una mano
ignota. Qual voce d’antico
sepolcro imprecava per fame
1281novella? Ristemmo, perplessi.
Al breve bagliore
scorsero i nostri occhi mortali
l’eterna tartarea faccia
d’Atropo che taglia lo stame,
dell’inevitabile Mira?
Sparvero l’inganno dell’ora
1288presente, l’angustia del luogo,
il turpe clamore degli ebri;
e tutti i secoli muti
che avean travagliato quel volto,
incanutito quel crine,
sfatto quella bocca vorace,
smunto quel seno infecondo,
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