< Pagina:D'Annunzio - Laudi, I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

LAUDI DEL CIELO E DEL MARE

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, I.djvu{{padleft:92|3|0]]

quivi in sul medesimo letto
1722obliando il corso rapace.

Eternità del Canto!
Concava tutta la valle
come la testudine d’Erme,
d’innumerabili corde
fatta immensa, cantava
ancóra il callinico inno
1729ai Giovini vittoriosi.
La lotta dell’invide stirpi
placavasi nella bellezza.
Nell’armonia numerosa
posava la rapida forza.
L’orma dei cursori
avea la forma del plettro.
1736Il disco lanciato
cangiavasi in ala robusta.
Il pentatlo e il pancrazio
erano i fulcri dell’Ode,
come il tripode solido regge
lo spirto prenuncio dei fati.
“O Ellade„ io dissi “il tuo Coro
1743è più delle stelle perenne!„

E, poi che al Cronio la notte
gemmò di stelle la fronte,
solo discesi là dove
il Clàdeo breve si mesce
all’Alfeo tortuoso,


    - 78 -

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, I.djvu{{padleft:92|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.