Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
LAUDI DEL CIELO E DEL MARE |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, I.djvu{{padleft:94|3|0]]
1778di sì vigile ardire
come in quell’ora di sogni
tra quelle notturne ruine;
ma quasi un marmoreo rigore
parea m’occupasse la carne
mortale. Guardai le mie mani
ignude e di pallido marmo
1785le conobbi al lume del cielo.
E l’ambiguità della morte
e della vita, fra i templi
abbattuti, fra i dubii
aliti, fra i sogni creati
e distrutti, fra le parvenze
intermesse, mi fece
1792immobile innanzi alle accolte
ceneri delle ecatombi
che insanguinato aveano l’ara
di Zeus nelle remore
olimpiadi e nudrito
il suo inesplebile fuoco.
“O Zeus, Tiranno più grande, [Preghiera al Cronide]
1799sei dunque caduto per sempre?
Te sire di tutte le voci
terribili il grido iterato
dalla scitica rupe
sconvolse? Lo scaltro ti vinse,
che il muscolo e l’adipe ascosi
avea nella pelle del toro
1806per sottrarre l’ostia al Potente?
- 80 - |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, I.djvu{{padleft:94|3|0]]