< Pagina:D'Annunzio - Laudi, III.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
TERZO - ALCIONE

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:135|3|0]]

i piedi farsi radiche contorte
ella sente e da lor sorgere un tronco
che le gambe su su fino alle cosce
290include e della pelle scorza fa
e dov’è il fiore di verginità
un nodo inviolabile compone.

“O Apollo„ geme tal novo dolore
“prendimi! Dov’è dunque il tuo disio?
295O Febo, non sei tu figlio di Giove?
Arco-d’-argento, non sei dunque un dio?
Prendimi, strappami alla terra atroce
che mi prende e beve il sangue mio!
Tutto furente m’hai perseguitata
300ed or più non mi vuoi? Me sciagurata!
Salva mio grembo per lo tuo desio!

Salvami, Cintio, per la tua pietà!
Se i miei capelli, che m’avvinsero, ami,
de' miei capelli corda all’arco fa!
305Prendimi, Apollo!„ E tendegli le mani,
che son fogliute; e il verde sale; e già
le braccia sino ai cubiti son rami;
e il verde e il bruno salgon per la pelle;
e su per l’ombelico alle mammelle
310già il duro tronco arriva; e i lai son vani.


- 125 -

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:135|3|0]]

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.