< Pagina:D'Annunzio - Laudi, III.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

DELLE LAUDI - LIBRO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:14|3|0]]


55e l’obliquo lenone, imputridito
nel vizio suo, dal lubrico angiporto
con abominio ci segnava a dito.

O Dèspota, tu dài questo conforto
al cuor possente, cui l’oltraggio è lode
60e assillo di virtù ricever torto.

Ei nella solitudine si gode
sentendo sé come inesausto fonte.
Dedica l’opre al Tempo; e ciò non ode.

Ammonisti l’alunno: “Se hai man pronte,
65non iscegliere i vermini nel fimo
ma strozza i serpi di Laocoonte.„

Ed ei seguì l’ammonimento primo;
restò fedele ai tuoi comandamenti;
fiso fu ne’ tuoi segni a sommo e ad imo.

70Dèspota, or tu concedigli che allenti
il nervo ed abbandoni gli ebri spirti
alle voraci melodìe dei vènti!

Assai si travagliò per obbedirti.
Scorse gli Eroi su i prati d’asfodelo.
75Or ode i Fauni ridere tra i mirti,

l’Estate ignuda ardendo a mezzo il cielo.


- 4 -

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:14|3|0]]

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.