Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
TERZO - ALCIONE |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:141|3|0]]
Ed Erigone, ch’ebbe conosciuta
la taciturna amica del pensiero,
430chinò la fronte come chi saluta.
E poi disse la Notte e il suo mistero.
V.
Il suo sangue non tinge il bianco mare.
Mai la sua faccia parve tanto pura,
435non ebbe mai tanta soavità.
Giace supino sopra il bianco mare,
sorride al cielo ch’ei regnava, attende
ei non sa quale morte o voluttà.
Pur tanto è dolce che la Notte oscura
440non già lo spegne ma di lui s’accende,
e lui aurato nelle braccia prende,
lui cela nella sua capellatura,
ma non così che quelle membra d’oro
non veggansi pel fosco trasparire
445e illuminare la serenità.
Caldi soffiano i venti al bianco mare,
calde passano e lente le riviere
in cuore alle terribili città,
passano e vanno per ignoti piani,
450cingono ignoti boschi: i cervi a bere
- 131 - |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:141|3|0]]