< Pagina:D'Annunzio - Laudi, III.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

DELLE LAUDI - LIBRO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:164|3|0]]


Io son flava, dal pollice del piede
10alla cervice. Inganno l’ape artefice.
Porto negli occhi miei le arene lidie.

Per entro i variati ori la lieve
anima mia sta come un fiore semplice.
Melitta è il nome della mia flavizie.

l’acerba

N
ON io del grasso fiale mi nutrico.

Lascio la cera e il miele nel lor bugno.
Ma spicco la susina afra dal prugno
semiano, e mi piace l’orichico.

5E il latte agresto piacemi del fico
primaticcio che nérica nel giugno.
Ti do due labbra fresche per un pugno
di verdi fave, e il picciol cuore amico!

Vieni, monta pè rami. Eccoti il braccio.
10Odoro come il cedro bergamotto
se tu mi strizzi un poco la cintura.

Quanto soffii! Tropp’alto? Non ti piaccio?
Ah, ah, mi sembri quel volpone ghiotto
che disse all’uva: Tu non sei matura.


- 154 -

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:164|3|0]]

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.