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TERZO - ALCIONE

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75con la verga di còrilo a minaccia.
Ma perse la mia traccia
nell’ombra che cadea; né mi conobbe,
né l’erbe verdi tenner le vestigia.
L’infanda cupidigia
80per ovunque era sparsa! Palpitare
parea pur anco nelle stelle vaghe!
Il vento parea piaghe
sùbite aprire nel mio corpo nudo
acerbe sì che non sarìami valso
85a medicarle il dìttamo dell’Ida.
E piena era di grida
compresse la mia gola nell’arsura,
quando giunsi alle mura
del Labirinto ove il mio padre aveva
90ambage innumerevole di vie
riempiuta d’error laborioso.
Quivi ristetti ascoso
perocché vidi il duro fabro alzato
su la soglia difficile in silenzio
95e la figlia del Sole in gran segreto
favellare con lui senza sorriso,
marmorea nel viso,
come chi chieda all’arte del mortale
una cosa tremenda e non ne tremi.„


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