< Pagina:D'Annunzio - Laudi, III.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

DELLE LAUDI - LIBRO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:268|3|0]]


E la virtù si tigne come lana,
e la felicità come Vertunno
tramuta la sua specie. Io voglio, alunno
280di Libero, finir di fine insana.

So nelle loro generazioni
diverse l’acqua, il latte, l’olio tacito;
so il sangue umano e so l’afflato pànico
e so le metamorfosi dei suoni.

285Ma il licor rubicondo che ti rende
simile ai numi, o uom che m’odi, ignoro:
quello onde gonfio mi credette il buono
Egìpane, e il gran riso ancor mi splende!

Tu m’hai raccolto, o uomo, nello speco
290ove per ruzzo trassemi il lupatto.
Che valgo? Vedi tu come son fatto!
Piacciati dunque d’insanire meco.

Desio d’altre fortune non mi tocca.
Più lungamente vivere non posso.
295Ricucimi la spalla ov’ebbi il bosso
animato e ristringimi la bocca.


- 258 -

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:268|3|0]]

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.