< Pagina:D'Annunzio - Laudi, III.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

DELLE LAUDI - LIBRO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:298|3|0]]


e, se barbarie genera nel vento
nuovi mostri, non più contra l’orrore
discende Febo Apollo arco-d’-argento
160castigatore.

Ma tu custode sei delle più pure
forme, Ospite. Con polso che non langue
il prisco vige nelle tue figure
gentile sangue.

165Gli uomini il tuo pensier nutre ed irradia,
come l’ulivo placido produce
agli uomini la sua bacca palladia
ch’è cibo e luce.

Per ciò dal fratel tuo questa fraterna
170ghirlanda ch’io ti reco messaggera
prendi: non pesa: ell’è di fronda eterna
ma sì leggera.

Fatta è d’un ramo tenue che crebbe
tra l’Alpe e il Mare, ov’ebbe il Cuor de’ cuori
175selvaggio rogo e il Buonarroti v’ebbe
i suoi furori.


- 288 -

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Laudi, III.djvu{{padleft:298|3|0]]

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.