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104 | notturno |
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Lungo i muri del cimitero cessammo di ridere e di motteggiare.
S’udiva il tonfo misurato dei remi.
E sotto i muri funebri la fosforescenza creava anella e ghirlande di luce.
Una melodia luminosa cingeva l’isola dei morti.
Egli la udiva, la vedeva. Egli aveva là il suo luogo profondo.
Una tregua. Egli è del camposanto ma non è ancóra della terra. La sua fossa è scavata ma non sarà riempita se non dopo il giorno santo.
La pena s’è ottusa. Ora sono in una specie di torpore cupo, stanchissimo.
Renata è in silenzio, chiusa nel suo segreto, con sotto le ciglia folte quei suoi occhi fissi intagliati come gli occhi invitti delle Aquile romane.
La casa è in una quiete sepolcrale, è cinta d’acque morte come l’isola dove ho lasciato il mio compagno.