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notturno 127

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Notturno.djvu{{padleft:139|3|0]]la mia voce. Sembra che l’imperioso grido domandi più che la parola.

Una mano sconosciuta mi pone innanzi, sul davanzale di piombo, una grande spada ricurva come una scimitarra.

La prendo e la sguaino. Quel grido domandava quel gesto. Sembra che il guizzo d’una folgore passi su tutto il tumulto.

È la spada di Nino Bixio, l'arme dell’eroe tagliente, con i nomi delle vittorie inscritti nella lama forbita.

Premo le labbra contro la spada sguainata. Non sento che è fredda, perché le labbra non hanno più sangue.

Tutto il sangue brucia nel cuore.

Il nuovo silenzio della folla è come un vortice che m’attira e m’aggira, è come un gorgo che sugge e distrugge la mia vita.

Getto la mia vita, abbandono la mia anima al delirio. Le ultime parole sono come quei colpi che il fonditore dà col mandriano nella spina

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