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132 notturno

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Avessi una tregua, come in quella notte dopo lo stormo!

Ero quasi arso come ora. Ero come uno di quei fabbri che tutto il giorno travagliano alla fucina, in colloquio col fuoco trattabile; e n’escono avvampati e abbronzati per la taverna.

Ricercando me stesso, non ritrovavo se non la mia malinconia. Ricercando il mio silenzio, non ritrovavo se non la mia musica.

In quella notte di vittoria m’incamminai solo verso l’Aventino, verso il colle della Libertà, solo come un solitario amante. Mi teneva un amore sensuale di Roma, un amore voluttuoso della mia Roma, simile a quello che consumò le forze della mia giovinezza. Avevo respirato l’odore della moltitudine, ed ero avido di respi-

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