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notturno 155

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La vita s’aggruma, s’accaglia come il sangue che non scorre più. È un orribile peso.

Nel primo sgomento ho la tentazione di scuotermi, di sobbalzare, di agitarmi per impedire che il peso precipiti tutto in un punto, che prema tutto sul lato sinistro del petto.

È come se, dalla parte del cuore, contro il costato, si formasse e si maturasse in pochi attimi uno di quei tumori mostruosi che si nutrono e crescono in anni di tormento.

Resto immobile. Odo il ticchettio dell’orologio, che ora sembra un tarlo nel mio orecchio, ora lontano come il tremito d’una stella.

L’occhio è senza fuochi. Solo, di tratto in tratto, si forma l’anello fluttuante che galleggia e dilegua a occidente.

Lo spirito è colpito dalla stessa immobilità che tiene le ossa. Ogni moto della vita interna è abolito.

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