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notturno 171

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Ecco quel che accade.

Il dottore m’inietta con un ago il cloruro di sodio nella sclera, m’intromette l’acqua salsa nell’occhio leso dove s’incupisce l’onda marina crestata di gialliccio.

Prima di rifasciarmi, con una crudeltà inconsapevole mi presenta il suo piccolo specchio rotondo, alla luce della lampada azzurra.

Guardo la borsa dell’acqua nell’occhio gonfio, il mio viso consunto e smorto, la mia bocca livida e piegata dalla tristezza, i nuovi fili bianchi nella mia barba negletta, il mio collo scarnito: una imagine di miserabile accoramento, che si fissa nella retina e vi rimane.

Il dottore mette la benda umida sopra la puntura; seppellisce l’imagine funebre sotto la tela fastidiosa; mi riabbassa il capo sul lenzuolo

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