< Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

notturno 175

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Notturno.djvu{{padleft:187|3|0]]lorosa. Tutto si traspone, nel corpo e nell’anima. Non sento più i confini del mio scheletro.

L’infanzia e la vecchiezza sono una sola sciagura?

Mi vedo bambino grinzuto; mi vedo piccolo mostro decrepito, appeso alla mammella centenaria.

Eppure mi riconosco; eppure nell’orridezza innaturale è un baleno della somiglianza, un’impronta della discendenza, un segno della genitura.

Che è questo terrore che mi scioglie le ossa?

Il tuono del cannone mi scrolla dalle fondamenta la casa, e gli occhi nelle orbite.

O forse è il rombo della mia agonia?

Non posso sfuggire. Non ho ciglia, non ho palpebre.

Il cieco è condannato a vedere sempre.

Voi lo sapete, voi lo sapete. Io non mi sono mai risparmiato. Io non

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.