Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
notturno | 199 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Notturno.djvu{{padleft:211|3|0]]rità senese. Così parlava Santa Caterina giovinetta quando coltivava il suo giardino.
Un’ape le ha lasciato in bocca il miele votivo.
Per la sua bocca i sonetti della Vita nuova mi toccano a dentro come quando, a sedici anni, li leggevo lungo l’argine dell’Affrico erboso, verso il tempo del Resurressi.
E stando io con amarissima pena «come coloro che non si possono muovere», apparvero anche a me certi visi di donne scapigliate che mi dicevano: «La tua giovinezza è morta!»
E anche, dopo queste donne, m’apparvero certi visi diversi e orribili a vedere, i quali mi diceano: «Tu se’ morto».
Avendo una bella voce, la cara creatura è sensibile alle voci belle.
Mi dice quale più ama tra quelle dei nostri familiari. Ne parla come del sapore che hanno le acque delle fontane diverse.