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246 notturno

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Ala urtava contr’ala
nella latomia troppo angusta.
A ogni battito il fratello rompeva
contro il fratello le penne.
Il cuore si gonfiava d’altezza
come l’ala lieve al remeggio.
Arcato era sul pollice il piede.
Tenevamo pel pollice il sasso,
e il rimanente di noi
cerulei della cuna marina
s’incielava nell’ansia del volo.

Allora udimmo sonare la bùccina.
E il fremito fu contenuto.
Origliammo verso lo scoglio,
se non sopravenisse l’eroe
a sprigionarci
pietoso di tanta angoscia inesperta,
egli ch’era sommerso in eterno!
Ma un’ombra s’allungò sopra noi.
E tutti ci voltammo e gridammo,
e scorgemmo contro il cielo il nemico.

Enorme, tutto pugno e mascella,

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