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notturno 263

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Non udivo più il respiro virgineo dei mare, né quello della mia poesia.

Ma, profittando del silenzio, una raganella prese un filo d’avena e montò sopra una saggina; e lì si mise a far le sue prove.

Vedevo tra i cigli socchiusi la finestra a poco a poco verdicare come se l’orto sottoposto vi si rispecchiasse.

E la voce della raganella si assicurò e afforzò, così che la saggina brandiva sotto la cadenza del pieno canto.

E il mare s’avvicinava scivolando senza rumore sopra la spiaggia sottile.

E vedevo di sotto le pàlpebre gravi la finestra inverdirsi come l’acqua dei fondi.

E la raganella beveva con quel filo d’avena tutto il verde della Versilia, e lo rendeva in canto al mio sopore.

E il mare scorreva senza schiuma su la sabbia levigata. S’approssimava. Era già sotto la siepe di canne.

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