< Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
264 | notturno |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Notturno.djvu{{padleft:276|3|0]]Penetrava per gli interstizii. Si lasciava pettinare, come una capellatura liscia, da quel pettine di canne argute.
E il canto della raganella, giunto al più alto grado del verde, si ruppe in garrito e tacque di sùbito, senza oscillazione.
Allora la finestra cominciò a impallidire.
Una forma indistinta e tacita, simile alla seppia con il suo sacco e i suoi tentoni, apparve nel vano e versò un gran fiotto verde che si diffuse fino al fondo della mia stanchezza addormentandola.
Mi pare di scrivere con quell’inchiostro il mio sogno che torna.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.