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18 | notturno |
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Le faville innumerevoli sprizzano nel vento.
Ho il capo arrovesciato indietro, ho il capo abbandonato, penzoloni nel vuoto.
Non sento più il guanciale, non sento più il letto.
Odo un rombo confuso, odo il fragore del volo, odo il crepitio del combattimento.
Una mano pietosa e rude m’ha discostato, m’ha sospinto. Il mio capo è forato: penzola nel vuoto, dal bordo della carlinga che vibra.
L’ombra dell’ala destra m’è sopra:
l’astro arioso dell’elica mi corona.
Non è più fuoco, ma sangue che sprizza. Non più faville ma stille. Il pilota eroico riconduce alla patria il poeta sacrificato.
O gloria immensa!
Qual pugno divino o umano gittò ai solchi della terra una semenza più augusta?
Nella rapidità guerriera il sangue