Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
notturno | 301 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Notturno.djvu{{padleft:313|3|0]]memoria e non gliel’ho posta ancora.
Stasera io lo raccolgo un’altra volta, lo stendo un’altra volta su quella tavola rozza ricoperta dal mio mantello di cavaliere. E anche stasera mia madre è con me, e m’aiuta.
Il più bel sorriso umano è il sorriso che luccica su i lembi lacerati del dolore inumano.
E quale Maria ebbe mai il viso di costei che si china?
Giovanni è ferito all’addome, è ferito alle reni, è ferito al costato. E da che banda lo poseremo noi?
Se lo mettiamo bocconi, non grida. Se lo mettiamo supino, non grida. Eppure il suo strazio fende anche la tavola morta. Sono inginocchiato nel fango. E nello spasimo silenzioso egli punta i piedi contro la mia coscia. E io serro le mascelle.
Ha i piedi nudi. È mezzo denudato. Ritorna alla culla. Ritorna alla razza.